Hangar
Di: J.J. (jjblue10@hotmail.com)


Chiuse gli occhi.
Era passato tanto tempo, troppo.
Era solo in quell'hangar abbandonato.
Con gli occhi chiusi ascoltava il rumore del suo respiro.
Fuori scrosciava il temporale.
Tuoni si alternavano a lampi.
Vento e pioggia si infiltravano nella porta aperta assieme al freddo della notte.
Un odore di bagnato si aggiunse agli altri odori presenti.
La natura si sfogava.
La natura piangeva.
Lui conservava il controllo.
Aveva un obiettivo.
Doveva lottare per realizzarlo.

"Uno in mezzo a tanti
E tanti in uno io, anche io,
Qui tra peccatori e santi
Io non sono mica Dio
Ma ho creato un sogno mio lì avanti."

Era abituato ormai a tenere per se i suoi problemi.
A stare solo.
A lottare e a decidere da sé.
Era finito il tempo in cui era stato un semplice cadetto.
Il tempo in cui qualcun'altro decideva per lui.
Da quando se ne era andato non aveva smesso di allenarsi.
Non aveva mai smesso per un secondo di migliorare le sue capacità.
Non voleva essere un Nessuno.
Voleva essere Qualcuno.
Aveva uno scopo.
Aspirazioni.
Ed era determinato ad ottenere ciò che voleva.

"Io sto con me da tanto ormai,
Con i miei guai dentro i miei se,
Lavoro come un pazzo
a questa cosa e so che farmene."

E la sua determinazione sembrava essere stata notata.
I Dimensionali l'avevano notata.
Nemesi l'aveva notata.
Non la sua gente ma un popolo alieno.
Non era ironico questo?
Essere apprezzati da degli alieni che cercano di uccidere la tua razza.
Degli alieni che gli avevano chiesto di unirsi a loro.
Di tradire la sua gente.
Che non lo voleva.
Avrebbe dovuto accettare?
Avrebbe potuto accettare?

"La volta che tolgo stand-by
E mi dirò vai anche se
Non sono più un ragazzo
Per scappar di casa e andarmene."

L'idea era invitante.
Andarsene.
Ricominciare.
Lasciare un posto in cui non avevano riconosciuto il suo talento.
Ed andare in un altro.
Dove aveva le possibilità di dimostrare che era il migliore.
Andarsene.
Ricominciare.

"Uno sulla soglia
E voglia e frenesia che porta via
Dentro questa lunga veglia
vincere alla lotteria
Il riscatto da una vita spoglia."

Cos'aveva lì che avrebbe dovuto spingerlo a rinunciare a quell'occasione?
Niente.
Amici?
Nessuno.
Famiglia?
Morta da tempo.
Casa?
Ma se continuava a muoversi da mesi!
Iniziava a odiare quella vita priva di prospettive.
Non c'era niente.
Solo solitudine.
Che sembrava destinata a durare per sempre.

"Io che non ho mai un'allegria
Monotonia dentro un oblò
Di questo inverno qui del cavolo
In cui vivo e morirò."

Da quando aveva lasciato il Comando di Cavalleria sembrava essere caduto in un abisso.
Si era reso conto troppo tardi che di non aver fatto la scelta più semplice.
Non che importasse veramente.
Se avesse dovuto ricominciare tutto da capo avrebbe fatto lo stesso.
Solo...
Era entrato in una strada senza uscita, senza prospettive.
Solo.
Braccato.
Senza un posto accogliente che potesse chiamare casa.
Senza soddisfazioni.
Senza speranze per il futuro.
La sua vita era tornata ad essere una lunga lotta per la sopravvivenza.
E ciò che era peggio era...
Che ci si stava abituando.
Come se una parte di lui si stesse rassegnando a non poter avere niente di più.

"Io che non so tirarmi via
dalla periferia in cui sto
Perché all'inferno sì
Anche il diavolo non è un cattivo no
Ma per molti è un po'
Un eroe positivo."

Ma una parte di sé non si rassegnava.
Una parte di sé non poteva accettare di starsene buona, chiusa in un angolo, nascosta e spaventata.
Una parte di sé complottava per andarsene.
Per ottenere di nuovo ciò che aveva perso.
Una parte di sé non si era miseramente adattata a quella situazione.
Una parte di sé era viva.
E pensava a come ottenere ciò che voleva.
Voleva la libertà.
Voleva il potere.
Quella vita era una prigione.
E i Dimensionali potevano fornirgli la chiave per uscire da essa.

"Vero è vero che ogni dì è un addio
Che si muove tra un avvio e un rinvio
Do motore al mio mistero
Di straforo chiuso a spranga
Questo è il mio lavoro nero
Viaggiatore fermo dentro un hangar."

La sua mente ritornò di nuovo a quel passato che non poteva ritornare.
Il Comando di Cavalleria.
Non poteva dire di essersi comportato in modo socievole mentre era stato là.
Sapeva che nessuno dei suoi ex-compagni, nessuno dei suoi ex-ufficiali ora sentiva la sua mancanza.
Ma era stato il numero uno là dentro.
Si era impegnato.
Aveva dato il massimo di sé.
E se ne era andato.
Aveva tradito i suoi compagni.
Senza grossi problemi.
Senza grossi rimpianti.
Per lei.

"Uno che sta zitto
O un guitto che non sa che parte ha
Un trasvolatore o un dritto
Fra il coraggio e la viltà
Vivo in te ma non pago l'affitto."

Era stato un amore a prima vista.
Lei era bellissima.
E lui... era rimasto affascinato.
Catturato.
Prigioniero dei suoi occhi blu.
Prigioniero dei suoi capelli biondi.
Prigioniero.

"A te che sei la fantasia
Nell'asfissia dei cieli miei
Tu sei la sola cosa nobile
Nei miei giorni plebei."

La aveva voluta per sé.
Solo per sé.
Avrebbe voluto tenerla al sicuro, proteggerla, adorarla come una dea, non mostrarla a nessuno.
Lei aveva rifiutato il suo amore.
Aveva rifiutato lui.
E lui se ne era andato convinto che così avrebbe attirato la sua attenzione.
Non aveva funzionato.
Lui continuava a non esistere per lei.
Ad essere Nessuno.
Non voleva essere Nessuno.
Voleva essere importante.
Amato.
Potente.
Non aveva nulla per ora.
Questa era la sua occasione per ottenere almeno due desideri su tre.
Non era male.
Non poteva tornare indietro.
Non voleva.
Sarebbe andato avanti.
Per April.
Per se stesso.

"Perché tu sei la mia eresia
In questa idolatria agli dei
Potrò lasciarti sposa immobile io che non ho trofei
Dentro i miei musei
Nei tornei che non ho vinto."

Liberò il BadLander dal telo che lo copriva.
Il nero lucido della superficie luccicò e rifletté la sua figura.
Anche lui voleva andarsene.
Volare via, lontano, verso una nuova vita.
Nuove ambizioni.
Nuove possibilità.
Lì non era nient'altro che un oggetto in un deposito.
E sembrava fuori posto in mezzo a quelle cose vecchie e dimenticate.
Nuovo in un mondo vecchio.
Voleva libertà.
Volare in alto senza che nessuno potesse raggiungerlo.
Lasciarli tutti sorpresi e ammirati.
Voleva andare.
Il BadLander voleva andarsene.
Lui voleva andarsene.
Lontano.
Per inseguire i suoi sogni e le sue ambizioni.
Libero da legami.

"Certo o incerto che ogni dì è un addio
Che ripeto tra un avvio e un rinvio
Ho coperto il mio segreto
Con un telo dentro un hangar
Me ne andrò un mattino quieto
Senza che nessuno pianga."

Entrò al suo interno e assaporò la comodità del posto di guida.
Chiuse gli occhi mentre aspirava l'odore di cui l'astronave era impregnata.
Un odore buono.
Di libertà.
Accese i motori.
Sentì quella minima vibrazione che percorreva l'astronave.
Il BadLander fremeva.
Fremeva dalla voglia di andarsene.
Era ansioso di fare il suo primo volo.
E anche lui era ansioso di volare via.
Era una sensazione buona.
Piacevole.
L'assaporò per un altro momento.
Non si girò indietro mentre lasciava l'hangar e volava verso il cielo.
Non si girò indietro mentre saliva sempre più in alto abbandonando quel mondo.
Volava verso la realizzazione di un sogno.
Volava verso il momento in cui avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Solo quello contava.
Il futuro che lo aspettava.

"Il domani di ogni di è un addio
che mi segno tra un addio e un rinvio
Mentre lucido il mio sogno
che mi spinge giù a valanga
Dentro un ruvido bisogno
Di lasciare un giorno questo hangar."


Note dell'autrice:
Un altro breve racconto sul momento in cui Jesse decise di unirsi ai Dimensionali. La canzone mi sembrava abbastanza adatta a Jesse fra l'altro. BadLander è il nome sia dell'astronave nera convertibile in armatura potenziata di Jesse che nella versione italiana è stata chiamata una volta "Violenza" e l'altra "Robatron" sia del mecha dorato che usa nell'ultimo scontro (e che, come Rombo, si può trasformare in un'astronave). Ovviamente il BadLander di cui si parla in questa fic è quello nero... ^_-


Fine

"Hangar" © Claudio Baglioni - dall'album "Viaggiatore sulla coda del tempo"
© 2000-2003 J.J.. E non dimenticate di scriverle cosa ne pensate!