Aspettando La Rivincita
Di: J.J. (jjblue10@hotmail.com)


Era l'eterna notte dello spazio.
L'eterna notte che incanta per il suo splendore e terrorizza per la sua oscurità.
L'eterna notte che non può essere disturbata da alcun suono.
L'eterna notte che può essere paragonata solo ad un'altra eterna creatura che si muove in essa dai principi dell'universo, trascinando una lunga veste nera e una falce lucente.
La Sorella della Notte spaziale.
La Morte.
Una creatura che toglie egualmente il fiato con il suo apparire.
Una creatura che gli aveva sfiorato il viso molti anni prima.
Una creatura che l'aveva lasciato andare solo per legarlo con nuove e più pesanti catene.
C'era un patto fra lui e lei.
La sua vita per la morte di quelli che odiava.
Vita.
Era vita la sua?
O solo una pallida imitazione?
La gelosia per chi non era come lui lo colpi violentemente.
Dolorosamente.
Non era un Dimensionale.
Sapeva di non esserlo più.
Nella sua paura di morire aveva rinunciato alla sua vita.
Paura.
Buffo che un uomo come lui potesse averne esperienza.
Lui, il terrore dell'universo... spaventato.
Solo.
Di fronte ad una donna bellissima.
Che gli promise la fine di ogni dolore.
In cambio della resa.
In cambio della resa.
Bella, terribile e crudele.
Senza cuore, senza sentimenti.
Con quel sorriso cinico e crudele che intravedeva da sotto quel cappuccio nero abbassato, così abbassato che gli occhi sembravano solo due luci nel buio.
I suoi movimenti aggraziati e seducenti come quelli di un amante mentre si apprestava a... finirlo.
Finirlo... e finire quell'insopportabile dolore.
Da dove veniva quel dolore?
Arrendersi a lei, lui che non si era arreso mai a nessuno e fermare quel dolore.
Quel dolore... da dove veniva?
Galleggiava nella notte senza memoria, senza coscienza.
Si doveva essere perso.
Quella doveva essere la spiegazione.
E era così stanco...
Chi era la causa di tutto ciò?
Lei sorrise ancora avvicinandosi a lui.
Era il suo gioco personale e lui si stava arrendendo.
Ah, un'altra vittoria... così dolce il gusto della vittoria...
Dolce... vittoria... lui voleva vincere qualcuno... ma chi?
"Stai calmo bambino." La sua voce ipnotica echeggiò nella sua testa con una nota divertita mentre le labbra rosse della donna non avevano accennato alcun movimento "Avrai la pace in un attimo. Sta calmo. Il dolore finirà presto, vedrai..."
Lui la guardò mentre la sua vista si offuscava.
Non capiva... doveva capire... doveva fare ancora qualche cosa... finire qualche cosa... Ma cosa stava facendo prima di allora?
"Calmo tesoro. Così ti farai solo male. Arrenditi a me. Io non ti farò male." La sua mano era tesa verso di lui.
Lui la guardò.
Arrendersi.
Devono arrendersi.
Li schiacceremo.
Vinceremo noi.
Non hanno scampo.
Una folla di immagini spezzate e frammentarie riempì i suoi ricordi.
E gli provocò un dolore sordo.
La sua vita, le sue battaglie, l'ultima battaglia e poi... quella dannata luce...
La luce doveva essere la causa.
Dio, come odiava la luce!
Guardò la figura nerovestita con odio.
Ora sapeva chi era lei.
Ora sapeva chi era lui.
Sapeva cos'era successo.
E cosa lei voleva da lui.
E non era disposto a darglielo.
La figura lo guardò scotendo la testa in segno di disapprovazione. Non sarebbe stato facile.
"Come? Come è successo questo? Perché? Chi è il colpevole?"
Sangue caldo alimentato dal fuoco dello spirito della guerra.
E della vita.
La Dea della Morte e della Pace Eterna nascose sotto il suo cappuccio uno sguardo di ammirazione e compassione.
"La risposta è in te. Hai perso. Perché tormentarsi ancora? Vieni con me." e gli tese le mani invitante.
Supplicante.
Compassionevole.
Lui odiava la compassione.
"No", Grido con tutto se stesso "No!" Gridò più a se che a lei.
Non permetterti di cedere!
Lo sguardo di lei si abbassò per un attimo al suolo poi tornò su di lui lasciandogli afferrare la piena verità sulla sua morte.
Gli umani... quelle creature deboli... inferiori... loro erano i colpevoli... loro... li avrebbe distrutti... sì, avrebbe distrutto tutti... tutto... anche l'universo pur di avere la sua rivincita... ora deve solo svegliarsi... e organizzare le sue truppe...
"Tu non capisci mio povero amico. Tu non puoi svegliarti. Hai perso. Sei... morto. Oh vieni con me. Io ti darò la pace e il dolore cesserà! Presto, prima che sia troppo tardi! La vita è una maledizione per gli uomini talvolta!"
Morto? Lui? No, non era possibile, non era vero, non poteva crederle, no mai...
E poi tutto si confuse.
L'odiata luce, la tenebra, di nuovo l'odiata luce, di nuovo la tenebra... e la figura della morte meno reale e più triste...
"Vieni con me! Presto!"
"No." Mormorò realizzando "No. Lasciami andare. Ti procurerò qualcun altro in cambio. Migliaia di altri" La luce... per quanto l'odiasse doveva seguirla.
La voce di lei si fece più piccola mentre le sue parole raggiungevano le sue orecchie "Non andare. Non sarà vita quella! Non andare..."
Era il suo ultimo ricordo da Dimensionale.
L'ultimo ricordo della sua vita passata che la sua mente cyborg conteneva.
L'aveva esaminato migliaia di volte prima di allora.
Con attenzione.
Con cura.
Ma la sua mente cibernetica non lo capiva. Oh, il sogno aveva ragione.
La sua non era più vita, così, priva di vere emozioni.
Tutto ciò che provava erano ricordi della sua passata esistenza.
Irreali.
Nemesi, terrore dell'intero universo, non era nulla di fronte a quell'uomo vivo che lottava con la Morte.
Quell'uomo... era stato lui quell'uomo?
Solo una cosa avevano in comune ora, l'odio per la luce.
E lui avrebbe mantenuto la promessa di quell'uomo.
Avrebbe realizzato la sua vendetta.
E nel farlo si sarebbe rimpossessato della sua vita.
Un suono nella stanza rilevato dai suoi sensori lo spinse a rivolgersi al suo ospite.
Quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Un membro di quella razza maledetta.
E come lui ugualmente animato dall'odio verso di essa.
Privo di paura.
Privo di rispetto.
Freddo e calcolatore.
Mentre il fuoco della Guerra brucia il suo animo.
Se fosse stato ancora un Dimensionale Nemesi era sicuro che gli avrebbe sorriso.
Così simile al suo passato se stesso!
E così ugualmente pericoloso!
Pericoloso.
Simile a lui.
Abile più di quanto fosse probabilmente cosciente lui stesso.
E ancora incapace di sfruttare a pieno il suo potenziale.
Si sarebbe bruciato come il suo passato se stesso aveva fatto?
Sarebbe stato un peccato.
Ma Nemesi sapeva di poter sopravvivere alla perdita.
Poteva sopravvivere a tutto.
Era immortale.
La morte stessa l'aveva lasciato libero.
Il suo giovane comandante rappresentava il se stesso del passato.
Quel passato, quelle emozioni che la sua mente cyborg non comprendeva più.
Forse avrebbe dovuto lasciare vivo il ragazzo quando tutto sarebbe finito con la loro inevitabile vittoria.
Forse.
Ma sapeva che non l'avrebbe fatto.
E lo sapeva anche il ragazzo.
Quel giovane demonio era pericoloso.
E questo piaceva a Nemesi.
O meglio Nemesi sapeva che il vecchio se stesso lo avrebbe apprezzato.
Ma lui era razionale.
I nemici andavano schiacciati.
I pericoli eliminati.
In quale ordine...
Questo l'avrebbe deciso il Fato.
Per ora lui poteva solo osservare.
Per ora lui poteva solo aspettare.
Il giorno della sua vendetta.
E assaporare la speranza che almeno questo gli avrebbe potuto portare un po' di divertimento e l'occasione di recuperare la sua anima, quell'anima che gli era stata portata via il giorno in cui si era risvegliato cyborg... e con cui desiderava ricongiungersi... per riavere ancora una vita... per vanificare le parole della morte... no, lui non poteva morire...


Note dell'autrice:
Nemesi è un personaggio interessante. Un cattivo complesso, silenzioso, freddo, manipolatore e determinato. Come personaggio in un certo senso mi piace molto. Rappresenta perfettamente l'oscurità in molti sensi. E spesso viene ignorato scambiato semplicemente per 'uno dei cattivi'. Per quanto mi riguarda è molto di più. Per questo gli ho lasciato avere un brano tutto per sé. Se la meritava.


Fine

© 1999-2003 J.J.. E non dimenticate di scriverle cosa ne pensate!